FUMO E COLORI DI LAGO
LA STORIA DELLA PRODUZIONE DI PIPE NEL VARESOTTO

La storia della produzione di pipe è folto innanzitutto di ricordi, di tradizioni tramandate di padre in figlio oralmente, insegnate sui banchi di lavoro - nei polverosi laboratori - magari tra uno fumata di pipa e l'altra. Decidere quindi di portare sulle pagine bianche ciò che chi lavora nel settore sa, ma spesso non ha mai raccontato al di là dell'ambito più stretto del proprio ambiente, è una sfida sì affascinante, ma certo non facile. Nessuno biblioteca da consultare, nessun libro da leggere con attenzione per scovare il passato. L'unica via è risalire alle fonti, a chi con amore e pazienza ha dedicato la propria vita a questo piccolo e misterioso oggetto, a chi ha vissuto lo storia, l'ha fatto. Già alcune generazioni si sono succedute sui banchi di lavoro e così la scelta è caduta su una figura dì prim'ordine che di "acqua sotto i ponti" ne ha vista passare diversa:
Enea Buzzi.
Fondatore della Pipe Brebbia il Signor Eneo inizio così, cortesemente, a raccontare; nell'ufficio della suo ditta - in un caldo pomeriggio d'estate - aprendo pagine affascinanti di storia mai scritte, ma vissute da lui e da un numero quasi inimmaginabile di persone nel Varesotto.
Tutto ha inizio nel 1886 quando Ferdinando Rossi apre a Molina di Barasso la prima manifattura di pipe in radica. Nello stesso periodo a Gallarate i Fratelli Lana ne seguono
l'esempio, così come a Groppello di Gavirate dove nasce la ditta Carati e più lontano, a Recanati, l'impresa Raganella.
La scelta di Ferdinando Rossi sul luogo in cui impiantare la sua attività è accurata: lì, infatti, la presenza d'acqua garantisce la necessario forza motrice alle macchine, ma soprattutto la necessaria umidità per la stagionatura dello radica. Non è un caso che i luoghi storici di produzione di pipe di questo  materiale  (Saint  Claude, Manchester) sorgono ove è presente un corso d'acqua.
Così in poco tempo la ditta Rossi acquista dimensioni consistenti dando lavoro a moltissime persone della zona tra le quali alcune decidono di iniziare una attività in proprio, per lo più all'inizio, come terzisti della Rossi stessa. Nascono così tra le prime, a Gavirate, la Società Rovera, fondata da quattro fratelli (ex dipendenti Rossi)
- Federico, Carlo, Cornelio e Francesco 
- e la ditta Santambrogio.
Il successo è sicuramente legato a scelte di mercato ben precise che, in quel periodo, sanno sfruttare al meglio la richiesta di pipe nel mondo; infatti la produzione che caratterizza e caratterizzerà a lungo il territorio varesotto, è quello di un prodotto di basso costo, commercialmente conveniente e accessibile a tutti.
Fumare la pipa nella prima metà del secolo costa effettivamente meno che fumare sigarette, pertanto in questa zona la produzione può puntare con decisione sulla quantità.
Tuttavia in rapporto al costo la qualità del prodotto delle manifotture della zona è decisamente elevato: ben presto i commercianti stranieri iniziano a rivolgersi con sempre maggior costanza al prodotto italiano che risulta essere molto conveniente e contemporaneamente in grado di rispondere ad una clientela, quella straniera appunto, molto esigente.
La vita produttiva del settore diviene così strettamente dipendente da alcuni personaggi stranieri che commercializzano in tutto il mondo le pipe acquistate nelle ditte del varesotto. Il ruolo giocato da queste figure è enorme; esso influenza infatti profondamente l'andamento produttivo delle ditte presso cui acquistano, determinando ed indirizzando fortemente la loro produzione. Clienti talvolta di più manifatture, ma spesso di una sola, sono per lo più inglesi. Tra questi si ricorda Sir "Merton"   acquirente   per   il Commonwelth e cliente principale della ditta Rossi; certo "Lieneman" cliente della Società Fratelli Rovera che commercializza in Sud Africa o Bernard Hockstein cliente delle Pipe Brebbia (nato inizialmente dal sodalizio Buzzi-Savinelli) che possiede il monopolio dell'acquisto della fabbricazione francese e italiano per gli Stati Uniti d'America. Quest'ultimo venivo in Italia una volta l'anna in corrispondenza del periodo precedente le paghe di Natale per ottenere prezzi più favorevoli facendo forza sul suo pagamento immediato. Infine a Gavirate svolge questa attività Alberto Paronelli il quale, conoscitore di diverse lingue, partecipa a numerose fiere all'estero e soprattutto in Inghilterra, passando poi gli ordini ai produttori locali (inizialmente quasi esclusivamente alla ditta Rossi).
Chiaramente questo sistema di commercializzazione diviene a lungo andare deleterio per l'attività produttiva locale. Se infatti fino alla II guerra mondiale la pipa continua a detenere un ruolo predominante nel mercato del tabacco in Italia ben presto la situazione, alla fine del conflitto, inizia a mutare. Basti pensare che ancora durante la guerra la pipa costituisce il prodotto di maggior consumo per i fumatori; a Gavirate, la ditta Bianchi, oggi Gigi Pipe ed originariamente Società Rovera (era infatti stata ritirata dal Rag. Angelo Bianchi, prima amministratore ed in seguito proprietario dell'azienda), produce la fornitura militare di pipe per l'esercito italiano. In trincea la sigaretta era infatti pericolosa, la brace poteva essere facilmente avvistata dal nemico, mentre la pipa ovviava a questo inconveniente.
Alla fine del conflitto la situazione muta sostanzialmente; contemporaneamente alla diffusione della sigaretta competitivamente imbattibile per il costo limitato, la pipa diviene sì un oggetto sempre più ricercato, ma non come prodotto di alto consumo, quanto oggetto da collezione, dalle qualità sempre più elevate ed inevitabilmente più costose.
Il diverso ritmo di vita, più frenetico e veloce, gioca anch'esso a favore della diffusione delle sigarette; così l'estimatore di pipe diviene più raro, ma più esigente, ed i tabaccai - principali commercianti di pipe - aumentano le richieste di oggetti realizzati a mano, artigianalmente.
Questo risponde sì ad un gusto che va sempre più diffondendosi, ma contemporaneamente permette un più lauto guadagno ai commercianti.» È infatti un mercato nuovo in cui non esiste alcuna legge economica ben definita; il tabaccaio può così "estorcere", ad un costo assai basso, oggetti che vengono rivenduti a prezzi ben più elevati, facendo forza sul valore della "produzione a mano". Si diffonde la convinzione che una pipa non è di buona qualità se non è costosa.
È il colpo di grazia per le ditte della nostra zona. Abituate ad impostare la loro produzione più sulla quantità che sulla qualità, devono iniziare un complesso lavoro di riconversione, l'unico che in qualche modo le può salvare;
ma lo scotto è alto. La diminuzione di personale impiegato è impressionante: manifatture che davano lavoro a centinaia di persone si trasformano in ditte artigianali dalle poche unità.
Eppure la produzione di pipe non cessa. Tramandata di padre in figlio raccoglie un gusto, un piacere di sentire che lo velocità del presente non riesce comunque o distruggere. È il piacere per qualcosa di buono che non tramonta, per un lavoro che non stanca mai permettendo alla fantasia di correre libera verso nuovi risu Itati, scoperte e sperimentazioni, talvolta anche rischiose.
Così il signor Enea ricorda l'inizio, quando tanti anni prima, in stazione nell'attesa del treno, Alberto Paronelli gli regalò una pipa, ma poiché pioveva la pipo si spegneva. Allora l'idea: se si chiude il fornello e si fanno dei fori laterali, all'esterno: "Piove, piove, ma la pipa non si smorza". Nasceva così la sua storia di produttore, inizialmente in collaborazione con la Savinelli che si impegnava nell'acquisto delle pipe prodotte a Brebbia (e a non produrne in proprio), mentre il signor Enea gli garantiva l'esclusività dello commercializzazione del suo prodotto. Una storia di grandi, che uniti o separati, hanno segnato la storia di produzione di pipe del varesotto nel nostro secolo.
Una storia che non cessa, si modifica e si trasforma, ma nello consistenza delle realtà esistenti continua a dar vita ad oggetti unici e riconosciuti sul mercato mondiale quali prodotti di alta qualità. La pipa continua così a vivere, di uno sua forza che, tramandata di padre in figlio, resiste alla corsa frenetica dei nostri giorni dando vita a qualcosa il cui confine tra oggetto d'uso ed oggetto d'arte è ormai difficilmente individuabile.

Cinzia Robbiati

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